In minoranza nel nostro stadio

La partita di ieri ha evidenziato un gap enorme tra la capolista e il Torino; inutile girarci troppo attorno: quando trovi un avversario superiore a livello tecnico, tattico e fisico puoi solo complimentarti e guardare avanti.

Sia in Italia che in Europa, il Napoli ha vinto largamente con rose ben più strutturate rispetto a quella di Juric: per quanto pesante, la sconfitta, anche con un risultato così rotondo, era preventivabile.

Al di là della differenza tra le due squadre, i granata hanno disputato un buon primo tempo quando in possesso nella metacampo avversaria, mentre è mancata precisione nella costruzione dal basso, con errori da matita blu che hanno finito per aprire praterie al temibile attacco napoletano.

Archiviata la sconfitta, resta l’amarissima presa di coscienza di come gli spalti dell’Olimpico Grande Torino siano stati letteralmente invasi dai tifosi ospiti.

In 30 anni di stadio, non ci era mai capitato di essere in minoranza nel nostro stadio: mai negli anni di retrocessioni dolorose, mai negli anni di B, mai negli anni in cui il proprietario esultava ai gol della Juventus.

Se da un lato l’entusiasmo napoletano è ovviamente più che comprensibile, dall’altro la sola presenza di un proprietario poco popolare non può davvero giustificare la deriva del tifo granata; esistevano tempi non troppo lontani in cui la tifoseria si muoveva concretamente per mostrare il proprio disappunto nei confronti di una società poco gradita.

Lo faceva con marce nei viali della città, certo; ma lo faceva anche in maniera compatta, allo stadio, non facendo mai mancare l’apporto alla squadra (che nel momento in cui scriviamo, resta ad un punto da quell’ottavo posto che, visto il terremoto Prisma in arrivo a fine mese, potrebbe significare Europa a fine anno ndr).

Oggi i social hanno cambiato lo scenario; molti supporters preferiscono inoltrare decine di messaggini sul web convinti che in qualche modo possano supportare od indirizzare un cambio di proprietà.

Purtroppo non funziona così: tra gli aspetti verificati da una potenziale nuova proprietà, il bacino di utenza e le presenze allo stadio figurano sicuramente ai primi posti; per fare un esempio, Citi group ha dichiarato di essersi convinti della scelta Palermo per la numerica di persone presente durante i playoff di Legapro dello scorso anno.

La sensazione crescente di settimana in settimana è che il tifoso del Torino sia entrato in un controproducente loop autogiustificativo: finchè c’è questa proprietà, non vengo allo stadio è il mantra.

Ci si sente non passibili di critiche perchè l’alibi Cairo è considerato solidissimo.

Ma a quale risultato porta concretamente questo assenteismo continuativo? Cosa stiamo facendo per cambiare le cose? Davvero crediamo che continuare a borbottare dopo ogni sconfitta su Facebook possa portare a qualche cambio di rotta?

L’amarezza di vedersi ospiti in casa propria dovrebbe scatenare un moto d’orgoglio nella tifoseria per tornare a compattarsi e provare a far sentire il proprio disappunto verso la società (e il sostegno alla squadra).

Succederà? Non lo crediamo assolutamente.

Quando la società passerà la mano ad una nuova proprietà cambierà qualcosa?

La storia del tifo granata dice si muoverà qualcosa nei primi mesi e poi ci si riassesterà sugli stessi numeri di sempre, Cairo o non Cairo.

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