Immobilismo apparente, attivismo silenzioso…

A due mesi e mezzo dall’indolore sconfitta interna con la Roma, il Torino di Juric torna in campo sabato sera nel primo match ufficiale della stagione 2022/2023.

Possiamo affermare senza timore di smentita, che, ad esclusione dell’estate 2005 culminata col fallimento del Torino Calcio, quella che sta trascorrendo è decisamente l’estate più travagliata degli ultimi 20 anni per i colori granata.

La stagione estiva del Torino era partita con le dichiarazioni di Juric nel post match con i giallorossi; le parole e l’atteggiamento positivo e fin sognante del mister lasciavano presagire ad un’estate positiva, fatta di programmazione e visione da parte del club: Juric sosteneva di voler puntare a qualcosa di più del decimo posto e di essere fortemente stimolato dall’ossessione dei tifosi per l’Europa.

In quella che risulterà essere la sua ultima uscita ufficiale fino ad oggi (unicum in Europa), l’ex Verona si era addirittura sbilanciato parlando di 10 innesti, tra nuovi arrivi e riscatti.

In quel momento era complicato immaginare un susseguirsi di eventi negativi in un periodo tutto sommato piuttosto breve.

Il primo in ordine di tempo, sebbene fosse nell’aria da tempo, ha riguardato il mancato rinnovo di capitan Belotti: l’amaro in bocca lasciato ai tifosi non è dipeso tanto dalla legittima scelta di cambiare aria dopo 7 anni, quanto dall’indifferenza mostrata verso il popolo che lo ha eletto a proprio idolo, supportandolo anche in momenti negativi.

L’ambiente granata è sempre stato consapevole del necessario sacrificio di Bremer ma la cessione alla Juventus non era stata messa in preventivo da nessuno.

Economicamente ineccepibile, umanamente e sportivamente digeribile solo se utile a consegnare a Juric quei rinforzi che si è meritato dopo un’annata per certi versi molto positiva.

Nella speranza di essere smentiti da qui a fine mercato, al momento il ricavato pare essere destinato solo a coprire i buchi di un bilancio schiacciato dagli effetti del Covid.

Che il mercato del Torino di Cairo fatichi a decollare fino alla fine di agosto non può essere considerata una novità, ma ad oggi il Torino non ha rimpiazzato 4-5 titolari chiave della passata stagione e al di là dell’arrivo di scommesse, comprimari o doppioni, il pressochè totale immobilismo della società granata al 4 agosto non può che essere considerato indifendibile ed ingiustificabile.

Le offerte pari al 70% del prezzo del giocatore e le continue richieste di prestiti con diritti di riscatto vengono puntualmente rispedite al mittente.

Questo scenario ci riporta alla mente il modus operandi dell’estate 2002-2003: un altro presidente poco amato nella recente storia granata, per giustificare l’assenza di rinforzi continuava a ripetere che l’immobilismo della società era solo apparente e l’attivismo degli uomini mercato granata era silenzioso: alla fine di agosto di quella sessione, dopo una lunghissima e vana rincorsa dell’allora ds Mazzola al carneade Bastida, arrivarono Conticchio e Magallanes (mix tra Gento, Best e Meroni cit.) e a fine stagione il Torino si classificò ventesimo dopo un’annata da dimenticare.

Gli affari concordati e mai ratificati di Maggiore e Miranchuk rappresentano la cartina tornasole dell’attuale situazione granata: scollamento tra i diversi reparti all’interno della società e reputazione ai minimi storici nei confronti delle altre società.

Nello specifico sul primo punto, la vergognosa ed umiliante lite tra Juric e Vagnati (chi ha diffuso il video è stato individuato? Se si, perchè non è stato ancora messo fuori rosa?) rappresenta il picco dell’incredibile estate granata.

Al di là degli insulti reciproci, è emerso una totale mancanza di fiducia dell’allenatore nei confronti delle capacità del suo Direttore tecnico: facciamo fatica a intravedere un modo in cui questo rapporto possa continuare in modo proficuo per il Torino FC.

Ma Cairo ha deciso di soprassedere, decidendo di non decidere.

Per fare un breve sunto, da maggio ad oggi: il capitano ha deciso di non rinnovare, il giocatore più rappresentativo è stato ceduto all’altra squadra della città, si sono persi obiettivi di mercato per mancanza della medesima visione all’interno della società, Juric al momento non ha avuto nessun rinforzo degno di nota, la lite andata in onda in mondovisione ha mostrato un ambiente sull’orlo di una crisi di nervi.

A questo elenco già di per sè per nulla invidiabile, si può aggiungere il continuo posticipo dell’inizio dei lavori per il Robaldo che ancora oggi obbliga la Primavera ad elemosinare un campo per disputare le partite del proprio campionato, e la chiusura dello store di Piazza Castello, punto nevralgico della città; i numerosi turisti provenienti dall’estero ancora interessati a comprare un souvenir granata saranno costretti a rivolgersi al point che aprirà all’interno de La Rinascente.

Con l’oramai totale avversione di grande parte della tifoseria granata, Cairo mostra sempre più evidenti segnali di disinteresse (per la prima volta non si è recato nelle sedi del ritiro nè ha presenziato alle amichevoli precampionato) e non comprendendo come possa cambiare il suo modus operandi dopo 17 anni, sarebbe opportuno iniziasse a prendere in considerazione l’idea di mettere ufficialmente in vendita la società.

La situazione attorno al calcio italiano è cambiata rispetto a 5-7 anni fa: l’enorme distanza tra i ricavi tv con le altri grandi leghe è vista da potenziali fondi/acquirenti americani arabi come grande opportunità di sviluppo per la Serie A.

E non si tiri in ballo la solita storia relativa alla Juventus che ha avuto senso fino ai primi anni 2000 quando c’era ancora da decidere come spartire la torta relativa agli stadi cittadini: un Torino più dignitoso di quello di oggi, non darebbe sicuramente fastidio a nessuno.

 

 

 

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